Gli antichi romani festeggiavano gli "Hilaria", in onore della dea Cibele, madre degli dei, dopo l'equinozio di autunno, celebrando il graduale allungarsi dei giorni e della luce e il ritirarsi della notte e delle tenebre. L'autore pure procede, poesia per poesia, a dipanare le oscurità di una storia d'amore forte, vissuta e bruscamente morta. Sono poesie d'amore quelle di "Hilaria", ma sono anche poesie di sfogo, di scavo interiore, di dettaglio, di denudamento. "Hilaria" è un romanzo in versi, un percorso che fa della poesia luogo di trasfigurazione mitopoietica, di occultamento, e infine di rivelazione e (forse) riparazione della realtà ritrovata.