Teodicea della qabalah. Le sephirot e i nomi divini

Riferimento: 9788864963754

Editore: Tipheret
Autore: Warrain Francis, Cascio M. (cur.), Pignatelli F. (cur.)
Collana: Shekinah
In commercio dal: 09 Febbraio 2018
Pagine: 237 p., Libro in brossura
EAN: 9788864963754
20,00 €
Quantità
Disp. in 4/5 gg lavorativi

  In caso di disponibilità non immediata, i giorni indicati fanno riferimento

al tempo che si dovrà attendere prima che il prodotto venga spedito.


Descrizione

Qabalah è il termine ebraico che indica il complesso delle dottrine esoteriche e mistiche dell'ebraismo, esposte in un enorme complesso di scritti pubblicati, in un numero ancora maggiore di manoscritti e in un vastissimo patrimonio di tradizioni orali. Il momento di maggior fioritura della Qabalah si situa intorno al III-IV secolo, ma affonda le proprie radici in una tradizione mistica ininterrotta che la collega con i movimenti apocalittici, con il Talmud e con la Bibbia. Alla formazione della Qabalah che fu organizzata in maniera sistematica intorno al XIII secolo - contribuirono dottrine gnostiche, neoplatoniche, neopitagoriche, islamiche e cristiane. In Teodicea Mia Qabalah, Francis Warrain ne ripercorre i principali aspetti - le Sephiroth, l'Equilibrio della Bilancia, i Nomi Divini e la loro Plenitudine - per tentare di indagare il rapporto tra Dio e mondo, tra Assoluto e relativo. Affermare Dio è, nello stesso tempo, sostenere che Egli non è nulla di ciò che noi possiamo concepire; attribuendogli una natura, infatti, distruggiamo il carattere di assolutezza insito nella nostra affermazione. La nozione di Dio dà luogo, quindi, a una antinomia fondamentale e, sebbene Kant l'abbia esposta in tutta la sua acutezza, era già sostenuta implicitamente da tutte le dottrine esoteriche, da Platone sino a San Tommaso. Tutti i maestri hanno riconosciuto che abbiamo di Dio una rappresentazione mentale negativa e una affermativa. Egli non è nulla di quanto potremmo concepire, però - nello stesso tempo - questa impossibilità a indicarlo non significa una privazione di essere e di specificità ma al contrario testimonia una certezza che supera mtte le nozioni di essere e di natura. E in questa accezione che bisogna intendere i termini nulla, niente, non esistente che la Qabalah ha posto come ultra-principio.